mercoledì 3 aprile 2013

Ticket parchi, non conviene

Mi inserisco nel dibattito relativo al pagamento, o meno, di un ingresso nei parchi regionali poiché nelle opinioni che sono state espresse in questi giorni trovo tanta demagogia e poca contestualizzazione.

Inizierei col parlare del Parco La Mandria che riunisce in sé tre rare caratteristiche: è cintato, la parte visitabile è di proprietà regionale, racchiude gioielli storico-architettonici unici non a caso inseriti tra i beni Unesco che da soli sono in grado di agire da attrattori turistici. La Mandria insomma, nel panorama piemontese, è l’unica area protetta che sembra adattarsi al pagamento di un biglietto d’ingresso.

A conti fatti però l’istituzione di un biglietto non è mai stata considerata vantaggiosa:
- costi di presidio o di installazione di lettori automatici di biglietti (si tratta di sistemi analoghi a quelli degli ingressi alla metropolitana) nei 3 ingressi aperti al pubblico quotidianamente (altri tre sono o saranno aperti saltuariamente)
- la scavalcabilità del muro del parco in più punti,
- il costo dei parcheggi a pagamento che dalla loro istituzione ha già dimezzato i fruitori del parco,
- il timore che il pagamento di un biglietto di ingresso all’area verde scoraggi le famiglie dal visitare i beni storico-artistici-architettonici che il parco racchiude,
- il costo della manutenzione del sistema (macchinette per i biglietti, telecamere a circuito chiuso, ecc.)
- il costo del controllo per prevenire gli atti vandalici (diurno e notturno).

Per tutti gli altri parchi io credo che il tema non si possa proprio porre: non vi sono confini fisici, non sono di proprietà pubblica, in più parti sono abitati e lavorati dai contadini… gli enti parco in quel caso non sono gestori ma promotori di buone pratiche e valorizzatori di risorse ambientali (sia dal punto di vista turistico che della ricerca scientifica) e non ci sarebbe titolo per vietare l’ingresso a chi non paga un biglietto.

Per tutti però, cintati o meno, di proprietà regionale oppure o no, è necessario porsi una domanda: in che stato di conservazione sono le aree per visitare le quali si pensa di far pagare i fruitori? Mi limito a fare due esempi. Sono anni che non si riesce a risolvere il problema della sicurezza/manutenzione de La Mandria per mancanza di fondi: con che coraggio si potrebbe far pagare per visitare un parco che è la brutta copia (e pure pericolosa) di se stesso? Infine: l’importanza di molti parchi piemontesi risiede nella loro opera di salvaguardia dalla progressiva antropizzazione di aree la cui naturalità sta diventando sempre più rara così come il loro paesaggio: un valore quindi che non è solo posto nelle specie che protegge o dalla rarità dei singoli ecosistemi ma anche nella loro estensione.

Quindi, in risposta a Burzi e alla sua frase “è il buon senso a dirci che tutto questo non può continuare ad essere completamente gratuito, come è stato sino ad oggi, ove queste siano fruibili anche grazie al lavoro di persone e alla presenza di enti che si prendono cura con competenza del territorio, lo conservano e lo rendono godibile al pubblico attraverso visite guidate o la messa a disposizione di servizi che lo valorizzano e ne dispiegano le specificità” io chiedo: come si fa a dire tale frase e nel frattempo permettere che giunga a compimento il progetto di Difesa Spa per l’installazione di 70 ha di pannelli fotovoltaici nel Parco delle Vaude? Come si può dire che i soldi del pedaggio verrebbero “utilizzati per sostenere progetti di conservazione o di miglioramento dell’area” se la maggioranza in Regione Piemonte è la prima a non averne alcun rispetto?

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