mercoledì 11 dicembre 2013

Renzi, le primarie ed i forconi

Per la seconda volta quest’anno mi trovo a vivere in una realtà che mi sembra surreale. La prima volta, a febbraio, ho avuto un brusco risveglio dopo la tornata elettorale. Ero pronta a festeggiare e mi sono trovata ad assistere ad una triste pantomima che, dopo il tradimento dei 101, ci ha portati a questa scellerata ma ineludibile “larga intesa” dalla quale non siamo ancora usciti.

L’altra la sto vivendo ora, in seguito alle primarie per la scelta del segretario del PD. Che avrebbe vinto Renzi lo sapevo, quello che non ero preparata a vivere era il giorno dopo, il 9 dicembre 2013.

Nello stesso giorno, mentre la mia città era vittima di attività illegittime che la bloccavano e la intimidivano, il segretario Renzi annunciava la sua segreteria e distribuiva nuove deleghe. Il tono, i contenuti, gli argomenti che venivano delegati però non erano quelli di un segretario ma quello di un presidente, il presidente di una repubblica presidenziale quale l’Italia non è. Non ancora almeno.

E allora non mi vergogno a dire che mi sono spaventata.

Ho pensato agli anziani in coda durante le primarie che dicevano frasi del tipo “Renzi è l’unica speranza che ci resta”, “questa è l’ultima volta che vi do la mia fiducia”, ”votare è l’unico diritto che ci resta” e ho capito che abbiamo generato un equivoco così grande che rischia di portarci alla catastrofe.

La gente, il popolo delle primarie, si è infatti convinta che votare per il PD abbia lo stesso valore che votare alle politiche e che il segretario abbia poteri decisionali tali da poter cambiare l’Italia.

Un errore che abbiamo indotto noi, noi tutti, Renzi in primis. Un errore che lo carica di una responsabilità immane, una responsabilità da far tremare i polsi soprattutto se pensiamo ai disordini dei “forconi” di questi giorni.

Che dietro ci sia l’estrema destra lo sappiamo. Che ci sia qualche collegamento con qualche militare si inizia a sospettarlo. Che l’atteggiamento di molti gruppi ricordi da un lato certi squadristi studiati a scuola, dall’altro le organizzazioni da stadio è ormai chiaro a tutti.

La paura però è che le persone “normali” -  quelle che reagiscono alla crisi stringendo i denti e ampliando le reti di solidarietà, quelle che si affidano al PD perché riconosciuto come unico interlocutore possibile -  se Renzi non dovesse riuscire a cambiare in fretta la situazione italiana si uniscano ai manifestanti e si abbandonino alla rabbia.

La fiducia non è infinita e noi abbiamo sicuramente tirato troppo la corda. Renzi ha dato ad intendere che lui da lunedì scorso sta lavorando a cambiare il Paese, che in pochi giorni diminuirà i costi della politica, che la situazione economica e lavorativa sarà a breve in ripresa.

Renzi con queste dichiarazioni ci ha legati tutti a sé: il PD o riesce o tutti noi verremo spazzati via. Tutti noi ora siamo obbligati ad appoggiarlo (lo avremmo fatto lo stesso!) “o la vita o la morte”.


Ma tutti noi sappiamo che lui non è presidente di nulla, che le leggi non le fa lui, che lui non può neanche fare decreti. Spero che le due ore di colloquio con Letta abbiano almeno definito i temi su cui lavorare e che il nostro segretario e il nostro presidente abbiano veramente trovato il modo di fare squadra per i prossimi mesi. 

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