domenica 19 dicembre 2010

La difficoltà del far politica

La politica è una attività esaltante. Una passione. Si può amare la politica ma non saper fare politica. Si può saper fare politica ma maltrattarla. Può essere demotivante, deludente, o una ragione di vita. Ma c'è un momento della politica con cui tutti devono fare i conti. In cui ci rendiamo conto che non basta aver fatto tutto il possibile, che ci viene chiesto qualcosa di più. Il momento in cui si deve trasformare il consenso in tessere. Prendere i propri estimatori e riuscire a farli andare in un circolo a firmare una tessera. Un momento odioso, in cui ci confrontiamo con noi stessi prima che con gli altri. In cui andiamo a chiedere alle persone con cui abbiamo intrattenuto rapporti se veramente hanno apprezzato il nostro lavoro, se veramente hanno fiducia in noi. Guardarli negli occhi in quel momento è terribile. Ma bisogna farlo. Chi salta questo passaggio, e poi vuole il sostegno della società civile, prende dell'appartenenza a un partito solo i lati positivi, evitando quelli che permettono al partito stesso di autosostenersi e di avere senso di esistere. La situazione non cambia se si è arrivati al punto di avere qualcuno che lo fa al posto nostro. Anche quel qualcuno per fare un nuovo tesserato deve poter parlare bene del lavoro svolto. E a chi sostiene che ad avere le tessere sono solo coloro che le comprano dico che è una semplificazione troppo comoda: offende gli iscritti e sminuisce il lavoro dei propri colleghi di partito senza rispondere alla domanda di base: come mai tu sei senza iscritti anche se sei in un posto di visibilità?

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